Deleuze: ‘La legge, l’umorismo e l’ironia’

Non soltanto de Sade e von Masoch – sono Freud & Kafka gli implicati ne “Il freddo e il crudele” di Deleuze: “L’umorismo masochista è il seguente: la stessa legge che mi impedisce di realizzare un desiderio sotto pena di una conseguente punizione è ora una legge che pone la punizione all’inizio e mi ordina di conseguenza di soddisfare il desiderio”.

di GILLES DELEUZE | da Il freddo e il crudele, SE 1996

Ma ecco aprirsi, con il pensiero moderno, la possibilità di una nuova ironia e di un nuovo umorismo. L’ironia e l’umorismo sono ora diretti verso un rovesciamento della legge. Ritroviamo Sade e Masoch. Sade e Masoch rappresentano le due grandi imprese di una contestazione, di un rovesciamento radicale della legge. Continuiamo a chiamare ironia il movimento che consiste nel superare la legge verso un più alto principio, per riconoscere alla legge soltanto un potere secondo. Ma cosa accade precisamente quando il principio superiore non esiste più, non può più essere un Bene capace di fondare la legge e di giustificare il potere che essa gli ha delegato? Sade ce lo dice.
La legge in tutte le sue forme (naturale, morale, politica) è la regola di una natura seconda, sempre legata a delle esigenze di conservazione, e che usurpa la vera sovranità. Poco importa che, secondo un’alternativa ben conosciuta, la legge venga concepita come esprimente la forza impositrice del più forte, o al contrario l’unione protettrice dei deboli. Poiché questi padroni e questi schiavi, questi forti e questi deboli, appartengono interamente alla natura seconda; è l’unione dei deboli che favorisce e suscita il tiranno, è il tiranno che ha bisogno di una tale unione per essere. E comunque la legge è la mistificazione, non è il potere delegato, ma il potere usurpato, nell’abominevole complicità degli schiavi e dei loro padroni. Si noterà a quale punto Sade denuncia il regime della legge come il regime, al tempo stesso, dei tiranni e dei tirannizzati. Infatti, si è tirannizzati soltanto dalla legge: “Sono infinitamente meno temibíli le passioni del mio vicino dell’ingiustizia delle leggi, poiché le prime sono contenute dalle mie, mentre nulla arresta, nulla contrasta le ingiustizie della legge”.
Ma, anche e soprattutto, soltanto la legge origina il tiranno, e, come dice Chigi in Juliette: “I tiranni non nascono mai nell’anarchia, li vedrete sorgere solo all’ombra delle leggi, o da esse autorizzati”. Questo è l’essenziale del pensiero di Sade: il suo odio del tiranno, il modo in cui mostra che la legge rende possibile il tiranno. Il tiranno parla il linguaggio della legge, non ha altro linguaggio. Ha bisogno dell'”ombra delle leggi”; e gli eroi di Sade si trovano investiti di una strana antitirannia, parlando come nessun tiranno potrebbe parlare, come nessun tiranno ha mai parlato, istituendo un contro-linguaggio.
La legge è dunque superata verso un più alto principio, ma questo principio non è più un Bene che la fonda; è al contrario l’Idea di un Male, Essere supremo in malvagità, che la rovescia. Rovesciamento del platonismo, rovesciamento della stessa legge. Il superamento della legge implica la scoperta di una natura prima che si contrappone in ogni punto alle esigenze e ai regni della natura seconda. E’ per questo che l’Idea del male assoluto, quale è incarnata in questa natura prima, non si confonde né con la tirannia, che presuppone ancora le leggi, né con una composizione di capriccio e di arbitrio. Il suo modello superiore e impersonale è situato piuttosto nelle istituzioni anarchiche di movimento perpetuo e di rivoluzione permanente. Sade lo ricorda spesso: la legge non può essere superata che verso l’anarchia come istituzione. E il fatto che l’anarchia non possa essere istituita che entro due regimi di legge, un antico regime che essa abolisce e un nuovo regime che genera, non impedisce che questo breve momento divino, pressoché ridotto a zero, testimoni della sua fondamentale differenza da tutte le leggi. “Il regno delle leggi è viziato; è inferiore a quello dell’anarchia; la prova più esauriente di quel che dico è l’obbligo dello stesso governo di tuffarsi nell’anarchia quando vuol rinnovare la propria costituzione”. Vi è superamento della legge soltanto in un principio che la rovescia e ne nega il potere.
Viceversa, sarebbe insufficiente presentare l’eroe masochista come sottomesso alle leggi e lieto di esserlo. Si è altrove segnalata tutta la derisione insita nella sottomissione masochista, e la provocazione, la potenza critica, insita in questa apparente docilità. Semplicemente il masochista attacca la legge da un lato diverso. Chiamiamo umorismo non più il movimento che sale dalla legge verso un più alto principio, ma il movimento che discende dalla legge verso le sue conseguenze. Tutti conosciamo i modi di raggirare la legge per eccesso di zelo: è mediante la sua scrupolosa applicazione che si tende a mostrarne l’assurdità, e a suscitare precisamente quel disordine che si presumeva dovesse impedire o scongiurare. Si prende la legge in parola, alla lettera; non si contesta il suo carattere ultimo o primo; si fa come se, in virtù di questo carattere, la legge riservasse a sé i piaceri che ci vieta.
Così, a forza di osservare la legge, di sposare la legge, si potrà gustare qualcosa di tali piaceri. La legge non è più rovesciata ironicamente, risalendo verso un principio, bensì raggirata umoristicamente, obliquamente, per approfondimento delle conseguenze. Ora, ogni volta che consideriamo un fantasma o un rito masochisti siamo colpiti fatto che la più stretta applicazione della legge ha l’effetto opposto a quello che normalmente era lecito attendersi (per esempio i colpi di frusta, lungi dal punire o dal prevenire un’erezione, la provocano, la garantiscono). E’ una dimostrazione di assurdità. Considerando la legge come processo punitivo, il masochista comincia col farsi infliggere una punizione; e in questa punizione scopre paradossalmente una ragione che l’autorizza, e perfino che gli comanda di provare il piacere che la legge era tenuta a impedirgli.
L’umorismo masochista è il seguente: la stessa legge che mi impedisce di realizzare un desiderio sotto pena di una conseguente punizione è ora una legge che pone la punizione all’inizio e mi ordina di conseguenza di soddisfare il. desiderio. Reik, ancora una volta: ha analizzato con esattezza questo processo: il masochismo non significa piacere nel dolore e neppure nella punizione. Tutt’al più il masochista trova nella punizione o nel dolore un piacere preliminare; ma il suo vero piacere lo scopre dopo, in quello che l’applicazione della punizione rende possibile. Il masochista deve subire la punizione prima di provare il piacere. Sarebbe dannoso confondere questa successione temporale con una causalità logica: la sofferenza non è causa di piacere, ma condizione preliminare indispensabile alla venuta del piacere. “L’inversione nel tempo indica un’inversione di contenuto.[…] Il Tu non devi fare questo è stato trasformato nel Tu devi fare questo. […]
Una dimostrazione dell’assurdità della punizione viene ottenuta mostrando che una tale punizione per un piacere proibito condiziona precisamente questo stesso piacere”.(1) Questo procedimento si riflette nelle altre determinazioni del masochista – disconoscimento, sospensione, fantasma – che formano altrettante figure dell’umorismo. Ecco allora che il masochista è insolente, per ossequiosità, ribelle per sottomissione: in breve, è l’umorista, il logico delle conseguenze, così come l’ironista sadico era il logico dei principi.
Partendo dall’idea che la legge non può essere fondata sul Bene, ma deve basarsi sulla sua forma, l’eroe sadico inventa un nuovo modo di risalire dalla legge a un principio superiore; ma questo principio è l’elemento informale di una natura prima che distrugge le leggi. Partendo dall’altra scoperta moderna, che la legge alimenta la colpevolezza di colui che vi obbedisce, l’eroe masochista inventa un nuovo modo di discendere dalla legge alle conseguenze: egli “aggira” la colpevolezza, facendo del castigo una condizione che rende possibile il piacere proibito. In tal modo il masochista non rovescia in misura minore del sadico la legge, sebbene lo faccia in un modo diverso. Abbiamo visto che questi due modi procedono ideologicamente: tutto si svolge come se il contenuto edipico, sempre sottratto, subisse una duplice trasformazione – come se la complementarità padre-madre fosse duplicemente spezzata, senza simmetria. Nel caso del sadismo, è il padre a esser posto al di sopra della legge, principio superiore che assume la madre come vittima per eccellenza. Nel caso del masochismo, tutta la legge è riversata sulla madre, che espelle il padre dalla sfera simbolica.

(1) Theodor Reik, Il masochismo nell’uomo moderno, Sugar 1963: “Il masochista esibisce sia la punizione che il fallimento; mostra, certo, la sua sottomissione, ma anche la sua rivolta invincibile, provando che ottiene piacere malgrado la sofferenza. [ … Non può essere spezzato dall’esterno, possiede una capacità infinita di sopportare la punizione sapendo nel suo subcosciente di non essere vinto”.

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